Arminda Hitaj, nata e cresciuta a Scutari, in tasca una laurea in Scienze biologiche, ha lasciato l’Albania 13 anni fa e fin dal 1997 risiede a Udine. Con una lunga esperienza come mediatrice culturale, presiede l'Ucai (Unione delle comunità e delle associazioni di immigrati) impegnata sul territorio provinciale di Udine. All’ente aderiscono 52 associazioni contraddistinte da un denominatore comune, quello dell’integrazione degli immigrati. L’abbiamo intervistata per capire quali sono le attività principali dell’Ucai e i suoi progetti per il futuro.
- Le associazioni aderenti all’Ucai sono numerose: quali sono le etnie e quali le comunità più consistenti?
“All’Ucai partecipano associazioni che rappresentano molte etnie, 42 per l’esattezza. Si può dire che abbiamo a che fare con presone provenienti da tutti e cinque i continenti della terra, pur se con numeri differenti”.
- Com’è organizzato il lavoro dell’Ucai, in termini di rappresentatività delle varie etnie?
“L’organigramma dell’Ucai prevede un Consiglio direttivo composto da 7 persone e un comitato esecutivo composto da cinque membri le cui competenze sono chiaramente spiegate nello statuto dell’associazione. Le comunità rappresentate nel Consiglio direttivo sono quelle provenienti dall’Albania (da me rappresentata), dal Mali, Ghana, Russia e Senegal, in quanto sono quelle che nell’Udinese sono più numerose”.
- Quali attività svolge l’Unione?
“Le attività dell’Ucai sono numerose: la principale attività riguarda la gestione del centro interculturale multietnico, nel quale operano non soltanto iscritti e aderenti all’Ucai, ma anche altre associazioni. Il centro è dunque aperto anche alle proposte che ci arrivano da altre realtà”.
- Qual è stata la reazione della comunità italiana e delle istituzioni quando è stata fondata l’Ucai?
“I riscontri sono stati positivi, anche perché siamo un’associazione senza finalità di lucro. L’Unione è nata da un’esigenza concreta individuata dopo un’attenta lettura del panorama locale: si sentiva la mancanza di un coordinamento tra i vari soggetti. In tal modo, offriamo un riferimento non solo agli immigrati e alle associazioni che hanno aderito, ma anche alle istituzioni locali che si ritrovano ad interagire con le comunità immigrate”.
- Le associazioni come hanno risposto?
“Anche in questo caso molto bene: prima non c’era alcun collegamento tra le varie associazioni degli immigrati nella provincia di Udine e molti soggetti usavano un’abitazione privata come sede legale dell’associazione. Ora molte di loro hanno sede presso l’Ucai e il coordinamento permette di fare progetti che coinvolgono più realtà. Nella nostra sede le associazioni hanno a disposizione locali dove riunirsi, organizzare mostre ed altre attività culturali e informative”.
- Il processo dell’integrazione passa anche attraverso la conoscenza reciproca. Ci sono progetti e attività riguardanti quest’aspetto?
“Stiamo portando avanti progetti sulla promozione della cultura e della lingua del Paese di provenienza, con l’organizzazione di feste nazionali a base di balli, musiche, esposizioni di abiti popolari e piatti caratteristici, ma anche realizzando conferenze dove si vuol far capire chi siamo, da dove veniamo, quali sono le risorse e come le vogliamo utilizzare in questo processo di conoscenza e di scambio”.
- - Durante la festa della comunità albanese c’erano anche persone di altre etnie?
“Alle feste partecipa tanta gente. Questi eventi sono un punto di incontro per i connazionali (oltre 600 le presenze), ma rappresentano occasioni aperte a tutti e che vedono la partecipazione di persone di etnie diverse, aperte alla conoscenza di altre culture”.
- Com’è il rapporto con le autorità locali e con i media?
“Nelle numerose manifestazioni che organizziamo contiamo sempre sulla presenza di autorità che portano i saluti degli enti che rappresentano. Ci aiutano anche finanziariamente, ma con la loro presenza attiva condividono le attività stesse dell’Ucai. Per la pubblicità usiamo tutti i mezzi a disposizione: dalla carta stampata alla radio e alla televisione locale, con buoni risultati”.
- Per gli immigrati di seconda generazione cosa avete previsto?
“Stiamo realizzando corsi di promozione della lingua e cultura d’origine per bambini, come mezzo di arricchimento e per far sì che questi minori non si sentano stranieri al ritorno nel loro Paese d’origine. L’esito positivo avuto quest’anno ha fatto sì che il progetto fosse ripresentato anche per il 2008. Un secondo progetto importante è la realizzazione di un laboratorio teatrale, percorso che si concluderà con lo spettacolo finale nel mese di febbraio 2008”.
- C’è particolare attenzione per le donne?
“Il Consiglio direttivo dell’Ucai è composto da 5 donne su 7. Sottolineo che le attività dell’Ucai non sono esclusiva di un determinato sesso o legate ad altre condizioni, ma aperte a tutti. Abbiamo presentato un progetto assieme al Servizio delle Pari opportunità per facilitare e seguire le donne nel processo di inserimento lavorativo”.
- Lei stessa fa parte di un percorso di inserimento. Quali le difficoltà che ha affrontato?
“Sono quelle tipiche di chi si lascia alle spalle la propria patria, i propri cari e deve iniziare da zero in un nuovo Paese. E’ importante darsi degli obiettivi, decidere cosa si vuol fare e avere la tenacia e la pazienza necessari per risolvere i problemi e gli ostacoli che si presentano”.
- Per i nuovi immigrati quali sono le problematiche principali?
“L’inserimento è un processo, fatto di tante tappe: bisogna adattarsi, capire quali sono le proprie competenze e le opportunità che il territorio offre e, prima di tutto, imparare la lingua. L’Ucai sta attuando progetti con gli enti formativi e negli anni passati ha svolto dei corsi di alfabetizzazione per stranieri”.
- Sapere l’italiano non sempre è sufficiente per conoscere quali siano diritti e doveri.
“Stiamo collaborando con il Comune di Udine, L’Asgi e i mediatori di comunità per favorire la conoscenza dei diritti e dei doveri. Si tratta di incontri organizzati nei luoghi più frequentati dagli immigrati perché spesso, molti di loro non si rivolgono agli sportelli”.
- Continua a mantenere rapporti con il suo paese di provenienza? Si sente più italiana o più albanese?
“Sono un’albanese che ha ormai passato un terzo della sua vita in Italia. Mi trovo molto bene qua, mi piace vivere in questo nuovo Paese, ma naturalmente continuo a mantenere rapporti familiari, di parentela e di amicizia con la mia gente che ancora sull’altra costa dell’Adriatico”.
roland ndoci
venerdì 8 febbraio 2008
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